domenica 17 agosto 2014

sabato 2 agosto 2014


Scrivevo questo su FB il 26 dicembre 2011

Sono passati quattro anni da questa nota scritta qua sotto. Nel frattempo c'è stata L'ULTIMA JANA e E CANTAVAMO ALLA LUNA. E' arrivato il tempo che riprenda la storia...

NOTE DELL'AUTRICE

Oggi 20 Novembre 2007 inizio a scrivere “Ti camminerò accanto”.
Sono sull'autobus con il mio quadernetto, ho incominciato a scrivere dalla fine, dall'ultimo capitolo. Ho in mente tutto il romanzo; in questi giorni mi sono passate davanti le immagini e ho ascoltato, dentro di me, i dialoghi. Devo avere solo la forza di scriverlo. E' una storia forte. Il mio scrivere è troppo delicato. Dovrò dare incisività, specialmente ad una voce, quella del Male. Non so se riuscirò in questa impresa. Ma anche dare voce al Bene non sarà facile. Che presunzione, mi dico. Chiedo allora il dono della saggezza e della capacità di discernimento.
Inoltre, la storia mi tocca nei recessi più profondi dell'anima. E' giusto sviscerare e rendere pubblica una tale ricerca interiore? E' corretto scrivere di tante esperienze che si sono accavallate nella mia vita, rischiando di dare nome e identità a persone e personaggi?
Un caro amico, dopo la pubblicazione di Rubia, mi ha detto di continuare a scrivere. Cosa? Scrivi di Pia. Ma cosa vuol dire?
Inizio a scrivere, la penna scivola sul quadernetto. Intesserò tutto con il filo della fantasia; luoghi, tempi e nomi prenderanno le ali della creatività. Resterà solo l'essenza di quello che è stato esperito.
Ad una fermata dell'autobus sale un vecchietto con il bastone. L'uomo che è seduto dirimpetto a me lo fa sedere. Il vecchietto mi sta così di fronte e mi guarda scrivere. Ci sorridiamo; sembra nonno Mario, il mio papà che non c'è più. Ha il volto pallido, scavato dagli anni e gli occhi umidi che accompagnano uno sguardo buono.
Ad un sobbalzo dell'autobus mi dice:”Difficile scrivere in queste condizioni, io non ci riuscirei. Deve essere abituata”. Lo guardo, non amo tanto essere interrotta mentre scrivo, ma il vecchietto mi sorride e, poi l'ho detto, mi ricorda nonno Mario. E, rispondo:”Certo non è facile, a casa rimetto tutto a posto, vista così la scrittura sembra stenografia”. Ci ricambiamo il sorriso e riprendo a scrivere. Arriva la mia fermata, quasi la perdevo distratta dallo scrivere. Il vecchietto mi cerca nuovamente con gli occhi e, con il sorriso, mi porge la mano, gliela stringo e dice semplicemente, guardandomi negli occhi: “La continui a scrivere, signora. Auguri”. “Grazie”.
Scendo dall'autobus con un senso di commozione, ho allo stesso tempo un groppo in gola e un urlo di felicità inesprimibile. Giungo le mani e ringrazio quella presenza che si è inserita furtiva nella mia vita.
Ho la consapevolezza che scriverò questa storia.



Domenico Zampieri, detto Domenichino,  
L'angelo custode, 1615, Napoli, Capodimonte

venerdì 1 agosto 2014

Riappropriamoci del riso



RIAPPROPRIAMOCI DEL RISO




L'intervento (*) su FB del mio amico Franco Plataroti, a proposito della critica fatta in Turchia dal premier contro la mancanza di pudore delle donne che ridono (in questi giorni dalla Turchia, grazie ad Internet, arrivano tanti bellissimi volti di donna che ridono o solo sorridono), mi ha riportato alla memoria un'esperienza sepolta, forse volutamente, nell'inconscio. Io sono nata in una cultura femminile che disdiceva il riso femminile (e non parlo di Sardegna perché l'educazione era retaggio da parte di nonna e mamma marchigiane. Era così in tutta Italia). "Una signorina si contiene al riso, soprattutto in pubblico" lo dicevano anche i manuali di galateo femminile che mi facevano leggere. "Risus abundat in ore stultorum" era la frase che usava il mezzo della cultura, quella dotta, per rendere il messaggio più efficace e avallarlo. Era una cultura maschilista che voleva la donna non dedita ai piaceri, anche solo quelli legati alla semplice gioia. Troppe donne si ammalavano di depressione e male di vivere. Era un modo per controllare la nostra indipendenza e creatività. Era, al contempo, una cultura dove si preparava così la giovane donna ad affrontare una vita (matrimoniale!) già determinata da fatiche e da dolori. Forse una delle mie ribellioni fu proprio questo: riappropriarmi della libertà del riso. E la mia crescita adolescenziale andava di pari passo con il nascente femminismo. La Turchia, rispetto a noi, è indietro solo di 40 anni ... O, ne siamo poi così sicuri? Troppe donne in questo Occidente del XXI secolo fanno ancora fatica al riso.

p.s. Vi siete mai chiesti perché sul sorriso della Gioconda si è fatto sempre un gran parlare?
Ma che avrà mai avuto da sorridere alla vita una donna?


(*) Perchè ti spanci dalle risate, Paki?
...
Ah, hai letto che in Turchia hanno criticato la mancanza di pudore delle donne che ridono?
E noi sai cosa facciamo, amico mio? Una eterna, immensa risata femminile.
E poi, con aria colta, ricordiamo al vice di Erdogan, Arinc, cosa disse il Maestro: "Se avete in animo di conoscere un uomo, allora non dovete far attenzione al modo in cui sta in silenzio, o parla, o piange; nemmeno se è animato da idee elevate. Nulla di tutto ciò! – Guardate piuttosto come ride." Fëdor Dostoevskij, Memorie dalla casa dei morti, 1861)
Buon venerdì, gente e gentaglia con la risata a cascata



http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2014/07/29/ansa-turchiadonne-sfidano-vicepremiertutte-su-twitter-ridendo_48edf2f0-132a-4f72-bb6f-1e9cffe17e4a.html

Dipinto attribuito alla scuola di Lucas Cranach il Vecchio