giovedì 30 luglio 2020

In Sardegna non ci sono le sirene (racconto di Pia Deidda)


Il dipinto della sirena Perla è dell'artista Sara Bachmann.
Facebook Official Page: Le Amiche di Freya
insta: @leamiche_di_freya




IN SARDEGNA NON CI SONO LE SIRENE


     Prella si svegliò di soprassalto con il cuore che batteva forte. Lo schianto era stato fortissimo e si chiese cosa l'avesse provocato. Si alzò dal morbido tappeto di posidonia su cui si era distesa e guardò verso gli scogli che chiudevano a destra e a sinistra la piccola insenatura sabbiosa; il mare quel giorno era agitato, le onde s'infrangevano nervose sulla battigia e più potenti sui grandi massi che calavano a picco nell'acqua. Non poteva però essere stata un'onda a creare quel fragore. Acuì la vista ma non riusciva a vedere nulla in mezzo a quella schiuma bianca che ballava sul mare. Decise di sedersi su una duna poco distante dalla riva e continuare ad osservare per vedere se riusciva a scorgere qualcosa.
     Ormai era sveglia e il sonnellino, che si concedeva ogni pomeriggio in quella cala silenziosa, le era bastato a recuperare le energie che le sarebbero servite per ritornare a nuoto nel piccolo villaggio di pescatori, un po' più a nord della costa, dove abitava.
     Quel giorno era arrivata più stanca del solito, non tanto perchè aveva dovuto reagire con bracciate più vigorose alla forza di quei marosi ma perchè si era fermata a trastullarsi con le foche monache che spesso incontrava in prossimità della grotta marina che si apriva in quel tratto di costa. Esse saltavano a pelo d'acqua facendo giravolte sulle onde con guizzi veloci; quel giorno erano particolarmente felici e serene perchè sapevano che, con quelle condizioni del mare, i pescatori non sarebbero usciti a pesca e potevano baloccarsi indisturbate. Era sempre un incontro divertente e anche quella volta le avevano fatto capire che avrebbero avuto piacere di giocare con lei.
     Ora, ancora frastornata da quel repentino risveglio, sentiva una strana apprensione, come se dovesse accadere qualcosa di pericoloso. Cosa poteva essere stato? Pensò ad un tuono ma il cielo era sgombro di nubi.
     Mentre era intenta a scrutare attentamente il mare vide una forma gialla tondeggiante emergere e scomparire ad intervalli regolati dal flusso delle onde. Pensò fosse una medusa e si apprestò a prenderla per poterla rigettare più al largo e salvarla dal caldo rovente della sabbia dove si stava dirigendo. Ma, quando si avvicinò, si rese conto che era un cappello da uomo con ampie falde di feltro rialzate e un lungo nastro rosso slacciato che si stava staccando dalla cupola. Lo prese e lo mise ad asciugare su una roccia rovente posta al riparo dall'acqua. Non aveva mai visto nessuna foggia di tale fattura. Chissà chi lo aveva indossato e da dove proveniva.
     Quel ritrovamento aggravò il suo stato di apprensione. Era legato al rumore che aveva sentito? Si trattava forse di un naufragio? Ma non scorgeva nessun relitto alla deriva. Forse le forti correnti di quel tratto di mare stavano sospingendo i pezzi verso sud.
     Non tranquilla non se la sentì di tornare a casa e continuò a scrutare l'acqua. Voleva capire cosa fosse quello strano presentimento che le metteva una inaspettata ansia a cui non era abituata.
     Si mise seduta più comoda con le lunghe gambe abbronzate piegate e le abbracciò come a proteggerle. La sua tenacia fu premiata dopo un po' di tempo; il mare depose sulla battima il corpo di un uomo. Corse subito a sincerarsi che fosse ancora vivo e, accertatasi del debole respiro che sentì, mise in atto quelle manovre di salvataggio che aveva imparato per soccorrere i pescatori o i nuotatori inesperti che avevano rischiato di annegare in quel tratto di mare. Premette il torace con forza più volte e respirò aria pura e ossigenata dentro la bocca dell'uomo tenendogli il naso chiuso. L'uomo rispose positivamente tossendo e vomitando l'acqua salata che aveva dentro i polmoni.
     Lo aiutò a sistemarsi meglio con il capo sollevato da un cuscino di alghe e lo osservò attentamente.
     Chi poteva essere? Visto l'abbigliamento non era certo un locale; aveva un paio di pantaloni di fine fustagno e una camicia bianca di cotone di ottima fattura; la cintura era di un cuoio nero spesso e a sinistra pendeva un sacchetto di raso a strisce gialle e rosse che doveva aver contenuto le monete.
     Era un bell'uomo con capelli neri raccolti in una lunga coda e il volto abbronzato era piacevole con gli zigomi alti, la mascella sporgente, la fossetta sul mento e un naso lungo ma regolare. Notò che la pelle era appena ombreggiata da una leggera peluria indice di una rasatura giornaliera.
     Mentre lo scrutava lui aprì gli occhi, che aveva lasciato socchiusi fino ad allora, e la guardò stupito. Lui non aveva mai visto un viso olivastro così dolce con due occhi di zaffiro e lei non aveva mai visto due occhi smeraldo. Rimasero alcuni minuti in contemplazione l'uno dell'altro.
     «Dove sono? Cosa è successo?».
     «Si trova su questa spiaggia. L'ho soccorso io. Ha rischiato di morire annegato. Cosa è successo me lo dovrebbe dire lei».
     «Non ricordo nulla».
     «Non si preoccupi, recupererà presto la memoria. E' ancora sotto choc».
     Lui chiuse gli occhi e si adagiò meglio sul cuscino. Aveva dolori su tutto il corpo e un leggero senso di nausea.
     «Aspetta! Ricordo qualcosa...» disse riaprendoli « il mio nome...» e le parole uscivano come un soffio «sono Arnau Esteve Miquel de Catalunya ma mi chiamano tutti Capità Espant».
     «Caspita che nome lungo che ha! Capitano...allora avrà una ciurma da comandare...».
     «Sì, ora ricordo. Eravamo nella tempesta e ad un certo punto abbiamo sbattuto contro uno scoglio che non avevamo visto affiorare dall'acqua».
     «Allora è quello il rumore che ho sentito!».
     «Oh mio Dio! E i miei uomini dove sono? La nave è affondata subito».
     «Capità Espant adesso non si deve preoccupare, pensi a recuperare le forze».
     «Ma come farò? Dove sono?».
     «Vede laggiù quel villaggio sulla costa? E' il villaggio di pescatori dove vivo. Chiederò aiuto e vedrà che verranno a prenderla. Poi si vedrà il da farsi».
     «Ma tu come sei arrivata fin qui? Non vedo nessuna imbarcazione».
     «A nuoto, naturalmente!».
     Lei trovò quella domanda così assurda che rise spontaneamente. Il viso si illuminò e Capità Espant la trovò stupenda e si chiese chi fosse quella magnifica fanciulla che l'aveva salvato.
Prella intuendo la domanda inespressa dell'uomo disse: «Sono nata qui fra queste coste. Il mare è la mia vita. Stia tranquillo tornerò domani».
     L'uomo si sentì rincuorato.
     «Senta, le lascio questa borraccia, c'è ancora dell'acqua».
     Lo sistemò meglio sopra il suo giaciglio di posidonia e lo salutò con una mano tuffandosi in mare. Capità Espant fece appena in tempo a vederla affiorare fra le onde e dirigersi, parallela alla costa, con vigorose bracciate verso il villaggio.
     «Non le ho chiesto nemmeno come si chiama» e si addormentò esausto.


     Il giorno dopo Prella arrivò che il sole non era ancora sorto sul mare. La presenza di quell'uomo le metteva inquietudine ma le suscitava anche interesse. Aveva, stranamente, dormito poco.
     Trovò Capità Espant febbricitante ma andò a prendere la conchiglia a forma di scodella e vi versò l'acqua fresca che aveva portato. Il liquido gli procurò subito refrigerio e lui ringraziò la ragazza. Riuscì anche a muovere la testa verso di lei e ad allungare una mano per toccare con dolcezza uno zigomo; sfiorò anche la piccola bocca rosata e scese fino al collo. La sua attenzione fu attratta da una collana che Prella portava sul collo i cui refi erano ramoscelli di un intenso rosso scuro; una così l'aveva vista solo in un dipinto nella cappella di corte appesa al collo del Bambino.
     «E' di corallo?».
     «Sì ».
     «L'hai raccolto tu?».
     «Sì».
     «Sai nuotare così in profondità?».
     «Sì, ho imparato fin da piccola. Mi immergo senza respirare».
     «In apnea».
     «Apnea?».
     «Sì, vuol dire andare in fondo al mare trattenendo a lungo il respiro».
     «Una parola nuova da conservare».
     «Ma tu capisci bene la mia lingua, come mai?».
     «Assomiglia alla parlata di un paese che è all'aldilà dell'isola. L'ho imparata perchè vado spesso a nuotare da quelle parti. E lì che ho preso questo corallo».
     «E' molto bella questa collana».
     «Domani quando ritorno ne porterò una per lei».
     «Grazie. Ma domani verranno i pescatori?».
     «Speriamo solo che si calmi il mare. Io tornerò comunque. Per ora prenda da mangiare queste alghe fresche. Vedrà che l'aiuteranno a ritrovare le energie perse».
     Capità Espant prese la grande conchiglia a forma di piatto che lei gli porgeva e su cui era posata una strana poltiglia verde. La osservò dubbioso.
     «Devo proprio?».
     «Certo!».
     La risposta era stata così perentoria che il capitano non se lo fece ripetere due volte.
     Che il sapore fosse squisito lo si capì dall'espressione soddisfatta dell'uomo. Porse la conchiglia per un'altra porzione.
     «C'è tutto il sapore e il profumo del mare qui dentro».
     «E' un ottimo sostituto del pesce».
     Soddisfatto, di ciò che aveva appena mangiato, si addormentò.
     Prella fu rapida a preparare una copertura di canne per proteggerlo dal sole e gli sistemò meglio il giaciglio.
     Si chiese come un uomo così bello e indifeso potesse essere chiamato Capità Espant mentre si rituffava in acqua.


     Anche il terzo giorno il mare mosso non aveva permesso ai pescatori di recare soccorso al capitano ma non aveva spaventato Prella che si era recata sulla spiaggia di prima mattina.
     Lo trovò in piedi sulla riva che cercava di sospingere un grande baule di legno.
     «Ah! Sei arrivata! Vieni dammi una mano».
     Prella mise tutta l'energia nelle sue braccia e l'aiutò a issarlo al di fuori delle forti onde che si abbattevano sulla battigia. Fu una impresa difficile ma ci riuscirono.
     Deposero il baule sopra la duna e si stesero a pancia all'aria esausti.
     «Sai che non so ancora come ti chiami?», disse lui girandosi su un fianco per guardarla meglio.
     «Prella».
     «Prella... ».
     «Vuol dire perla».
     «Perla... Preziosa come una perla...».
     «Me lo mise mia madre perché le ricordava il colore perlaceo di questa spiaggia. Sa che mi partorì qui? Aveva fatto male i conti e quella mattina, come tutti i giorni, aveva nuotato. Le arrivarono del doglie del travaglio proprio mentre stava arrivando qui».
      «Fece tutto da sola?».
      «Noi qui siamo abituate a fare tutto da sole».
      «Che coraggiose! E gli uomini?».
      «Sempre per mare...».
      Capità Espant avvicinò il viso per baciarla ma lei si ritrasse fulminea.
      «Mi faccia vedere cosa c'è nel baule capitano».
     «E' il baule dei miei tesori».
     «Non è che lei è un pirata e non me lo vuole dire?».
     «No» rispose sorridendo «cerco trofei per conto del re di Barcellona».
     Era una cassa di legno di ciliegio con impresso a fuoco, a lettere maiuscole svolazzanti, AEMC.  Una grande borchia d'ottone era posta al di sopra e rappresentava un veliero che sovrastava una sirena fra le onde. Prella passò le dita sulle due figure e lo guardò dubbiosa.
     «Sono un cacciatore di sirene».
     «E quante ne ha cacciate?».
     «Finora nessuna viva».
     «Vedo che la memoria gli sta ritornando».
     «Sì, adesso ricordo tutto. Io e i miei marinai abbiamo fatto tutto il giro del Mediterraneo in cerca di sirene. Questa era l'ultima isola dove le dovevamo cercare prima di tornare a casa».
     «E avete fatto naufragio...».
     «Per fortuna che questa preziosa cassa non è andata perduta. Il Re sarà felice di arricchire la sua collezione privata. Dai aiutami ad aprire che non ho più forze».
     Prella fece pressione sulla serratura e questa scattò. Sollevò il coperchio con fare lento. Era un po' emozionata e gli occhi erano lucidi.
     All'interno c'era un grosso pugnale, con un'elsa d'oro incastonata di pietre preziose, sopra tanti involti di velluto a righe rosse e gialle. Ne prese uno e l'aprì. Dentro c'era una catenina d'argento con un pendaglio a forma di conchiglia e una perla vera incastonata.
     «Questa l'ho sfilata dal collo di una sirena di Malta. Mi sfuggì dalle mani con la sua pelle verde scivolosa mentre cercavo di acciuffarla. Mi rimase in mano solo questo suo gioiello», disse con aria di disgusto.
     «Pelle verde scivolosa» e lo guardò sollevando le fini sopracciglia.
     Prese un altro involto, dentro c'era una coroncina d'oro con stelle marine a sbalzo lavorate di fine cesello.
     «Ah, questa! Che impresa!» e arricciò il naso sprezzante «E' di una sirena di Cipro. Scappò impaurita appena mi vide perdendola sul fondale. I miei uomini la inseguirono ma era troppo veloce fra le onde».
     A Prella sfuggì un sorriso: «Ma vi scappano sempre!».
     Capità Espant fece finta di non sentirla e questa volta prese lui un altro involucro.
     «Questo è un ciuffo di capelli d'oro. E' ciò che mi rimase in mano quando cercai di afferrarne una che avevo avvistato al largo della Sicilia».
     «Capelli d'oro...» e la bocca s'inclinò dubbiosa, «E questo? ».
     «Un braccialetto di pietre di turchese e conchiglie che trovai su uno scoglio nell'isola di Minorca».
     «Naturalmente della sirena nessuna traccia».
     «No», rispose il capitano senza afferrare il tono ironico della ragazza «Era sicuramente scappata spaventata dal mio arrivo».
     Prella era stata sì irridente ma dentro di sé celava un grande tormento. Si sporse dentro il baule e prese un involto che era un po' più grande degli altri. Mentre osservava inorridita il suo contenuto non riuscì a trattenere una lacrima.
     «Questa è la pinna essiccata di una sirena. E' la prova della loro esistenza».
     «Ma sembra di una piccolina» e la voce le s'incrinò in gola.
     «Eh già! Questa è di Capri. La madre l'aveva appena partorita ma fuggì via appena ci vide non riuscendo a raccogliere la figlia che le era appena uscita dal grembo».
     A Prella passò un brivido sulla schiena e le girò la testa.
     «Mi sono ricordata che avevo portato un ricordino per lei» e tirò fuori dalla tracollina di bisso una corta collana fatta da lei con refi irregolari di corallo rosa chiaro e di palline di argento filigranato.
     «La vuole mettere al collo o la conserva qui fra i suoi trofei?».
     Lui rimase per un attimo indeciso e la guardò perplesso.
     «La metto! Certo che la metto. E' un regalo per me e non un trofeo della collezione del Re! Grazie di questo bel dono. E' molto bella».
     «Adesso devo andare. Tornerò domani e spero di farlo con i pescatori» e, già tuffandosi fra le onde, gridò «Si ricordi di mangiare le alghe, sono molto nutrienti».
     Lui non fece in tempo ad assentire che lei era già lontana.


     Passarono i giorni, di Prella e dei pescatori nessuna notizia. Scrutava la costa verso nord ma non intravvedeva nessun movimento. Il mare si era calmato ma tirava un forte vento che proveniva dalle montagne e sospingeva le onde verso il largo. Un mare pericoloso per mettersi a navigare, pensò.
     Un delfino aveva preso l'abitudine di fermarsi a saltare in prossimità della riva. Sbagliava o sembrava che lo schernisse facendo quello strano verso?
     Intanto il sole sorse sul mare e tramontò alle sue spalle sui monti ancora per giorni e giorni. Ma stava impazzendo o c'era un irreale silenzio? Si toccò la fronte ma non era più febbricitante. La sabbia rovente attutiva i rumori assorbendoli nelle sue esalazioni di calore. Il baule gli sembrò il suo vascello fra le onde. La notte aveva gli incubi; sognava i suoi uomini inghiottiti nell'abisso e sbranati da donne bellissime che si trasformavano in orripilanti mostri famelici. Nel dormiveglia sentiva uno strano canto ammaliante che gli metteva una insana agitazione. Si svegliava madido di sudore e tremante.
     Nel momento in cui era preso dal più nero sconforto e pensava che quella sarebbe stata la sua tomba (oh! che jella per un capitano morire fra la sabbia e non dentro la sua nave fra le onde come i suoi prodi marinai!), intravide una grande barca a remi dirigersi verso di lui. Dietro, a nuoto, con grandi bracciate, la seguiva Prella.
     «Prella! Prella! Prella! Pensavo ti fossi dimenticata di me!».
     Prella uscì dalle onde e le porse le mani.
     «Giammai!» e stampandogli un bacino in fronte: «E come potrei dimenticarvi?».
     Fece segno ai pescatori di avvicinarsi e mostrò loro il baule; lo trascinarono a fatica verso la barca.
     Capità Espant guardò il baule che sprofondava sempre più nella sabbia fine e, un po' impaurito disse: «Aspettate vi do una mano».
     Prella osservò la scena ben dritta sulle spalle e con le mani dietro la schiena senza intervenire. Issato il baule sulla barca il capitano si diresse verso Prella per salutarla.
     «Prella tornerò nuovamente. Vado a Barcellona ad ingaggiare una nuova ciurma e mi rimetterò subito in viaggio. La tua isola è grande e devo riuscire a circumnavigarla tutta». E, mentre saliva sulla barca, seguito da Prella, disse: «Grazie sei stata veramente ospitale con me e te ne sarò riconoscente. Mi mancherai».
     Un pescatore, dopo aver aspettato che tutti si fossero sistemati, diede una spinta all'imbarcazione e fece un salto per entrarci dentro mentre questa era in movimento.
     «Capità Espant sa cosa le dico?» disse Prella dalla riva, alzando la voce per farsi sentire e mettendosi in punta di piedi per sporgersi meglio e non far disperdere nemmeno una parola «So che la deluderò ma il suo proposito cadrà nel vano. Non perda tempo a cercare qui. In Sardegna non ci sono le sirene».
     Alzò il braccio che aveva tenuto fino ad allora dietro la schiena e, sventolando il cappello del capitano, lo salutò. L'avrebbe custodito fra i suoi trofei.


© Pia Deidda 2020

giovedì 16 luglio 2020



Moribana


Chabana


Ikebana che ricorda la Sicilia

Nulla permane immutabile


La Via Dei Fiori consiste, fondamentalmente, nell'aprirsi attraverso la composizione all'incontro con la Natura che è la nostra grande Maestra di vita. Allo stesso tempo, però, la bellezza creata nell'Ikebana insegna che è impossibile mantenere quello stato di armonia per sempre. I fiori che presto appassiscono invitano a non alimentare gli attaccamenti e a rammentarsi costantemente del sentimento del mujo, che "nulla permane immutabile".

Keiko Andò Mei, Ikebana. Arte zen.


#ikebana
#ikebanaflowers










giovedì 2 luglio 2020

Il mio quinto ikebana


Anche un umile fiore concorre all'armonia.

Margheritine di prato.




E la mia attuale lettura