domenica 24 dicembre 2017
Chi è interessato al libro di Pia Deidda "L'ultima jana" potrà richiederlo all'indirizzo: simona.guardamagna@alice.it
L'ultima
jana
è una fiaba ambientata in una affascinante Sardegna medievale
scritta, in prima edizione per altri tipi, da Pia Deidda nell'inverno
del 2008 ispirandosi ad una leggenda raccontata nelle Grotte Is
Janas
di Sadali: la
grotta era da tempo immemorabile la dimora fissa di tre janas,
mezze fate e mezze streghe, rispettate e temute dagli abitanti della
zona. Esse amavano la buona cucina e dedicavano molto tempo alla
preparazione di manicaretti e pasticcini. Un giorno decisero di fare
molte frittelle e, di buona lena, iniziarono a prepararle; così,
friggendo e mangiando, non si resero conto che il tempo passava e che
era giunto il periodo della quaresima. Un frate che da Sadali
attraversava il bosco per andare a predicare a Seulo, fu attratto dal
profumo delle frittelle, raggiunse l’ingresso della grotta vi entrò
e arrivo nella sala in cui le
janas
erano
intente a cucinare. Adirato perché non si preparavano spiritualmente
ai riti liturgici e non rispettavano il digiuno quaresimale, le
rimproverò aspramente, ottenendo però l’effetto contrario.
Infatti le janas,
anziché pentirsi per il loro operato, aggredirono il religioso, lo
bastonarono ben bene e, convinte di farla franca lo impiccarono. Ma
non avevano ancora fatto in tempo a rimettersi a friggere che
l’inesorabile giustizia di Dio si abbatté sul loro capo, punendole
in modo singolare. Furono infatti pietrificate, divenendo tre grandi
stalagmiti, unitamente ai loro utensili (macina, forno, padelle),
alle provviste ed e al cadavere del povero religioso che pende ancora
dal soffitto come una grossa stalattite.
L'autrice
interviene in questo contesto con un risvolto positivo inserendo come
personaggi principali la jana
Cicytella e il pastore poeta cantore Elias, i quali accompagnano il
lettore in una storia magica, al contempo romantica e passionale.
Pia
Deidda è nata nel 1958 a Lanusei (Sardegna) e abitata a Torino dal
1977 dovesi trasferì per studiare Architettura. Attualmente insegna
con passione la Storia dell'Arte. Oltre a L'ultima
jana
è autrice di
Rubia (2007)
ed E
cantavamo alla luna
(2011). Si diletta anche di poesia e brevi racconti che ”regala”
su internet: www.lezionidibello.blogspot.it
giovedì 14 dicembre 2017
La nuova edizione de "L'ultima jana" di Pia Deidda dell'editore Guardamagna
LA MIA JANA CONTINUA A VOLARE
Nascono
i colpi di fulmine anche per i luoghi e non solo per le persone; io
rimasi affascinata dal paese di Sadali e dal suo intorno. Nacque così
L'ultima jana
nell'inverno del 2008 - a quel tempo pubblicata da Fabriano Edizioni
- dopo una mia visita alle Grotte Is
Janas e aver sentito
la leggenda che lì si narrava delle tre fameliche janas
che impiccarono il frate indiscreto che si era permesso di
redarguirle perché cuocevano “zippulas”in
tempo di Quaresima; i lettori potranno ritrovare il passo nel
capitolo 21. Cicytella
ed Elias
sono nati d'impeto sulla scia di una emozione. Da anni la loro storia
viene rappresentata all'interno della grotta in varie occasioni di
festa.
Ringrazio
l'artista Simona Cazzulo e la casa editrice Guardamagna di Vizzi (PV)
per aver permesso di far nuovamente volare la mia jana
nella
loro collana “I
quaderni dell'uccellina”.
Edizioni
Guardamagna
Via
O. Maretti, 29
27057
Varzi
(Pavia)
www.edizioniguardamagna.it/
Chi
è interessato al libro potrà richiederlo all'indirizzo:
TEL: 0383 52184
``L`uccellina`` è una collana della casa editrice Guardamagna. Da pochi giorni ospita fra le sue pubblicazioni anche la mia fiaba ``L`ultima jana``. Ringrazio Simona Cazzulo Guardamagna per aver creduto che fosse arrivato il momento di far volare nuovamente la mia jana.
Chi potrà sfogliarlo si accorgerà della cura autentica riposta in questa nuova veste.
·
L'uccellina è una collana di libri,che vuole essere una collana di libri stampati con "intelligenza" ,seguendo un insegnamento antico, carta variegata, rilegatura intonsa ,libri numerati, per fare del libro un oggetto particolare che non abbia come fine ultimo solo di essere bello ma anche e soprattutto che sia carico di tradizione e cura, e anche ricordo .
Le tematiche affrontate sono varie ,ma con una voce particolare per il mondo delle donne. Perchè è il mio mondo ,ed è quello che amo e che sempre mi incuriosisce e mi attrae.
L'intento è quello di documentare storie vere di donne ,storie da raccontare e da ascoltare. Storie che riguardano la nostra tradizione ma anche il nostro presente. Sempre con l'attenzione a non cadere nella bella forma ma nell'essenza vera che ci appartiene e ci unisce. Ben vengano storie di donne antiche, di donne creative,donne che curano in modo non convenzionale,donne che vivono la stessa realtà ma che hanno doni e insegnamenti da condividere. Ed allora che credo il libro acquisti il suo vero valore quello cioè di essere testimone di una " Verità ", luogo di passaggio o di fermo per alcuni. Ma per alcuni di trasformazione.
Le tematiche affrontate sono varie ,ma con una voce particolare per il mondo delle donne. Perchè è il mio mondo ,ed è quello che amo e che sempre mi incuriosisce e mi attrae.
L'intento è quello di documentare storie vere di donne ,storie da raccontare e da ascoltare. Storie che riguardano la nostra tradizione ma anche il nostro presente. Sempre con l'attenzione a non cadere nella bella forma ma nell'essenza vera che ci appartiene e ci unisce. Ben vengano storie di donne antiche, di donne creative,donne che curano in modo non convenzionale,donne che vivono la stessa realtà ma che hanno doni e insegnamenti da condividere. Ed allora che credo il libro acquisti il suo vero valore quello cioè di essere testimone di una " Verità ", luogo di passaggio o di fermo per alcuni. Ma per alcuni di trasformazione.
ASPETTO
Aspetto
nel fluire di questi giorni
con tensione immota
il dispiegarsi delle ali di una jana
che un giorno
si sono posate
sulla mia penna leggera.
Aspetto
nel suo sfogliare lento
il lettore amico
quando troverà fra le pagine
la memoria
da me custodita
di questa terra antica.
© Pia Deidda 2008
lunedì 29 maggio 2017
domenica 14 maggio 2017
Poesia di Pia Deidda "Sfide del tempo"
Sfide del tempo
Sotto la torre alassina
Saffo libera bacia e accarezza Anattoria,
io sfido la gelida onda
che della caviglia un lembo sfiora,
mentre la signora attonita
incredula di tanto ardire
un occhio a dritta l'altro a manca
osserva del tempo il cambiamento.
© Pia Deidda 2017
Sotto la torre alassina
Saffo libera bacia e accarezza Anattoria,
io sfido la gelida onda
che della caviglia un lembo sfiora,
mentre la signora attonita
incredula di tanto ardire
un occhio a dritta l'altro a manca
osserva del tempo il cambiamento.
© Pia Deidda 2017
mercoledì 10 maggio 2017
Teatro all'Umberto Idi Torino
Nell’ambito del progetto nazionale La scuola adotta un monumento, la Chiesa di San Rocco anche quest'anno sarà il palcoscenico naturale di due spettacoli ideati, sceneggiati e rappresentati dalle classi IVB e IVH del nostro liceo.
Vi aspettiamo il 21 e il 28 maggio alle ore 18. Non mancate!
domenica 23 aprile 2017
Poesia di Pia Deidda "Incontrarsi in un libro"
https://clubdellibrotorino.wordpress.com/2017/04/23/incontrarsi-in-un-libro/
Incontrarsi
in un libro
ad
Elisa e agli amici del Club del Libro di Torino
Veniamo
da mondi lontani,
geografia
dello spirito
differente
- mente - esperita,
mossi
da uguale passione
sospinti
da un desiderio arricchente
varchiamo
insieme condividendo
segreti
abilmente svelati
inventati,
da artefici
paesaggisti
dell'anima.
©
Pia Deidda 2017
lunedì 27 marzo 2017
La Passione di Cristo di Hans Memling
La
Passione di Cristo
di Hans Memling
di Pia Deidda
Questo
dipinto, che ha come soggetto la Passione di nostro Signore, è un
gioiello della pittura fiamminga conservato nella nostra città nel
bellissimo museo, sconosciuto a più, che è la Galleria Sabauda. E'
una delle tante opere, fra soggetti a carattere sacro e ritratti,
dipinte dal pittore Hans Memling attivo a Bruges nella seconda metà
del Quattrocento.
A
prima vista l'immagine può risultare confusa, perché ricca di
personaggi e scene che animano la città e il paesaggio intorno, ma
ad una visione più attenta ci accorgiamo che, mentre lo spazio è
fisso, le scene rappresentate si dispiegano come una narrazione
continua; in questo percorso temporale è sempre presente Cristo,
dall'ingresso a Gerusalemme in alto a sinistra fino all'apparizione
ai discepoli nel lago di Tiberiade dopo la Resurrezione in alto a
destra.
Con
un intento spinto sia dalla fede, sia dalla curiosità, ecco allora
che appare tutto più chiaro e siamo chiamati a ricercare le ventuno
scene che vi sono rappresentate.
Proviamo
ad immedesimarci nei committenti, i coniugi fiorentini Portinari, che
richiesero l'opera e si fecero rappresentare in basso inginocchiati
ai due lati del dipinto: possiamo utilizzare questa visione non solo
per fini artistico culturali ma devozionali? Loro lo fecero e il
dipinto divenne un mezzo per ripercorrere in preghiera la via Crucis.
La Parola si è fatta viva, il Cristo è divenuto realtà. La città
infatti non è la Gerusalemme dell'epoca di Gesù ma è una città
fiamminga contemporanea al pittore; l'evento sacro non ha limiti
temporali ma si offre come Parola per l'uomo di tutti i tempi. La tecnica pittorica minuziosa, fin nei più piccoli
dettagli, crea uno spazio umano dove l'incontro con il Cristo diventa
concreto e reale, esperibile.
Hans
Memling, Passione di Cristo, 1470-1471, olio su tavola, 56,7× 92,2
cm, Torino, Galleria Sabauda
venerdì 10 marzo 2017
Racconto di Pia Deidda "Ti camminerò accanto"
A settembre saranno 40 anni (1977-2017)
Scrivevo nel 2007:
In questo mese di Ottobre festeggio l'anniversario dei miei trent'anni a Torino, città che ho adottato e che mi ha adottato. Città a cui ho dato tanto, città che mi ha dato tanto. Voglio condividere con le persone a me più care un momento di questa vita. Ho scritto un racconto. Come tutti i racconti potrebbe essere inventato, frutto della fantasia, o potrebbe essere tutto vero. Chi mi conosce saprà individuarne la verità. Anzi la Verità.
Esco dal cancello del Politecnico che dà su Corso Duca degli Abruzzi. Ho in mano il certificato che documenta
la mia iscrizione alla Facoltà di Architettura. Mi guardo intorno, l'edificio è grande, immenso, grigio. Mi guardo intorno
il corso è grande, immenso, grigio. Pochi giovani studenti stazionano nell'atrio parlando, i più invece corrono con
ventiquattrore straripanti, passano veloci rasente i muri, hanno una sola meta – lo capirò più tardi – lo studio “matto e
disperatissimo”. Riesco ad individuare tra la folla, che entra ed esce vertiginosamente, i docenti, i quali hanno passo più
lento, stanco, spento, ingobbito.
E' un Ottobre caldo, come sarà tutto quest'inverno dell'anno accademico del 1977. Mi ero predisposta ai tanto
decantati freddi e nebbiosi inverni del Nord, invece la mia leggera giacca di panno sfoderato mi accompagnerà fino a
primavera. Quell'anno accademico sarà caldo anche per altri motivi, le Brigate Rosse, il rapimento di Aldo Moro, gli
scioperi operai e studenteschi.
Mi guardo intorno e mi scopro sola in questa moltitudine frenetica che aspira ad un futuro altisonante con il
titolo d'ingegnere o d'architetto. Ho solo diciannove anni, la voglia di cominciare, il desiderio di autonomia, il coraggio
di partire da un piccolo paesino della Sardegna per arrivare in una Torino che mi promette una vita più viva e un corso
di studi che mi spalancherà ad orizzonti più ampi della mia vallata ogliastrina. La facoltà di Architettura non era mai
stata attivata a Cagliari, molti giovani come me sono “costretti a venire in continente”. Ma il mio partire non è una
costrizione, anzi la considero una scelta per diventare finalmente grande, per staccarmi da una famiglia forte dove il
troppo affetto rischia di stritolarmi, una personale sfida alle mie tante insicurezze.
Ma mi guardo intorno e mi sento sola, la città è grande e non ho umani appigli su cui confidare. Veramente un
umano appiglio l'avevo, o credevo di averlo, ma a Settembre quando ero andata la prima volta ad iscrivermi, F. mi
aveva mollato dopo il terzo giorno dal mio arrivo, lasciandomi in un dolore così profondo che solo scrivendo un
romanzo d'amore alla maniera di certi romantici francesi dell'Ottocento potrei riuscire a descriverlo. Ma non è questo né
il momento né il luogo. Avevo scelto Torino e non Roma, o Firenze, anche perchè c'era lui, per me era un'ancora, per lui
ero una zavorra.
Ma mi guardo intorno e mi sento sola, percorro Corso Duca degli Abruzzi alla ricerca del tram 1 che gira verso
Corso Vittorio, una lunga strada alberata, una delle tante lunghe strade alberate di Torino che si incrociano
ortogonalmente, che danno l'illusione dell' equilibrio e invece ti creano un iniziale disorientamento con il loro eccessivo
ordine. Mi devo recare alla fine del Corso, all'Ufficio Abbonamenti dell'ATM per fare il biglietto annuale studentesco
che mi permetterà di viaggiare su tutte le linee autofilotranviarie della città, qualcuno mi dice che si trova vicino al
Parco del Valentino.
A destra, a sinistra, più in là, più in qua, rumore, folla, l'odore acre dello smog, confusione, vertigini, senso di
smarrimento. Riesco a raggiungere il tram, salgo, chiedo al bigliettaio - presenza non più presente nel nostro oggi - dove
devo scendere. Un ragazzo, forse salito alla mia stessa fermata sul tram, si accosta e dice che anche lui sta cercando
l'ufficio dell'ATM, facciamo la strada insieme?
Incominciamo a parlare, si presenta - il tempo e la non consapevolezza di ciò che mi stava accadendo hanno
obliterato il suo nome, ma mi piacerebbe chiamarlo Raffaele - viene da un paesino del Piemonte, studierà agraria. Ha un
bel viso solare, occhi sereni e limpidi, non sto sulle mie, come avrei fatto normalmente con uno sconosciuto, ma mi
ispira fiducia e mi sento subito a mio agio; sono contenta di condividere con lui questa esperienza di comune
spaesamento e di indeterminatezza.
Arriviamo all'Ufficio Abbonamenti e troviamo una lunga coda, tanti universitari si sono riversati a Torino in
questi giorni perchè stanno per incominciare le lezioni. Sono questi anche gli anni in cui tanti ragazzi vengono dal Sud
per studiare a Torino perchè ci sono i parenti che ospitano, per il prestigio delle sue facoltà, per la voglia di evadere dal
paesello.Ci mettiamo in fila e continuiamo a parlare, è come se ci fossimo conosciuti da sempre, è come se fossimo
amici da una vita.
Si affianca una ragazzina e si mette a parlare con noi - chiamiamola Michela perchè anche di lei la memoria ha
obnubilato il nome – dice di essere di Torino e di fare l'aiuto parrucchiera. Anche se non ha studiato sembra sveglia e
molto intelligente. Nel discorrere dico che devo comprare un phon e un asciugamano grande, mi dice che mi
accompagnerà da suo zio che ha un banchetto a Porta Palazzo. La fila pian piano finisce, arriva il nostro turno e
facciamo i nostri abbonamenti. Io sono l'ultima e loro mi aspettano; usciamo ed è naturale continuare a parlare tutti e tre
insieme. Andiamo a piedi fino a Porta Palazzo, una bella passeggiata molto lunga, fatta di chiacchiere, fatta di
compagnia.
A Porta Palazzo faccio gli acquisti e sembra naturale che si continui tutti insieme a camminare per la mia
strada. Arriviamo al pensionato dove avevo preso soggiorno e ci salutiamo sul portone, senza prendere i rispettivi
indirizzi e numeri di telefono, come se fosse inutile, come se già li conoscessimo, come se ci dovessimo vedere di
nuovo il giorno dopo. Sento dentro di me un senso di protezione, non più di solitudine. Non ci siamo più rivisti.
Solo a distanza di tempo ho maturato la consapevolezza che quell'incontro era stato qualcosa di molto grande e
importante. Mi sono stati messi a fianco due angeli che mi hanno accompagnato, condividendo e custodendo una parte
del mio cammino.
(P.D. 2007)
“Egli darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi. Sulle loro mani ti porteranno perchè non inciampi nella pietra il tuo piede” (Salmo 91,11s)
Giovanni Antonio Galli detto Lo Spadarino, L'Angelo Custode, XVII sec cm 200x150 (esclusa la centina) olio su tela, Rieti, Chiesa di San Rufo
Scrivevo nel 2007:
In questo mese di Ottobre festeggio l'anniversario dei miei trent'anni a Torino, città che ho adottato e che mi ha adottato. Città a cui ho dato tanto, città che mi ha dato tanto. Voglio condividere con le persone a me più care un momento di questa vita. Ho scritto un racconto. Come tutti i racconti potrebbe essere inventato, frutto della fantasia, o potrebbe essere tutto vero. Chi mi conosce saprà individuarne la verità. Anzi la Verità.
TI CAMMINERO' ACCANTO
(Torino, 1977-2007)
(P.D. 2007)
“Egli darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi. Sulle loro mani ti porteranno perchè non inciampi nella pietra il tuo piede” (Salmo 91,11s)
Giovanni Antonio Galli detto Lo Spadarino, L'Angelo Custode, XVII sec cm 200x150 (esclusa la centina) olio su tela, Rieti, Chiesa di San Rufo
venerdì 3 marzo 2017
Poesia di Pia Deidda "Testamento biologico n.2"
TESTAMENTO
BIOLOGICO
n.2
Come
oscura nebbia
la
vita spesso appare
a
corpo divenuto prigione
di
umana sofferenza.
La
forza fatica a sostenere
dell'animo
la speranza
perduta
nell'angoscia
in
baratro di dolore.
Sostienimi
o spirito d'amore
se mai
verrà quel giorno
quando
la fragilità sarà d'oblio
al
fascino del nostro incontro.
A
bellezza eterna,
non a
tenebra, io volgo.
©
Pia Deidda 2017
Dipinto:
John
Bridges, Guarigione della suocera di Pietro, XIX sec.
mercoledì 22 febbraio 2017
Gioe e dolori dello scrittore, di Pia Deidda
Scrivere storie è Bellezza. Scrivere è tramite fra il mondo delle Idee e il lettore. Scrivere è lavoro difficile ma gratificante. Scrivere è Arte. Scrivere è creazione. Scrivere è umiltà, studio, pignoleria estrema, attenzione alla forma. Scrivere è abilità di narrare, tecnica rara. Scrivere è fatica, logorio di nervi, notti insonni, pensiero fisso.
Scrivere storie è anche dolore e umiliazione: quando l'editore non paga; quando l'editore non promuove; quando un distributore prende il 60% del ricavato; quando si é sfruttati per gloria e guadagno altrui; quando le persone pensano di chissà quali faraonici introiti viva lo scrittore e non sanno o fanno finta di non sapere che al massimo avrá da un 6 ad un 10℅ del prezzo di copertina, se va bene; quando alle presentazioni del libro vengono chieste copie regalo; quando viene richiesto il tesseramento all' associazione che ospita; quando vengono presi i libri con la promessa che verranno venduti e non si vedrà mai una lira; quando vengono presi i libri per venderli e vengono dimenticati incustoditi; quando si viene trattati alla stregua di venditori di materassi e pentole...
Il prodotto della scrittura diviene cosí sfruttamento e svilimento . Il lavoro creativo non viene riconosciuto nel suo valore culturale. Atteggiamento diffuso che nasce in parte dalla nescenza, in parte dall'ignoranza, in parte dalla cattiva fede. In tutti e tre casi, comunque, mancanza di interiorità, di spiritualità, di cultura.
Scrivere storie - e saper godere di quel dono da lettori - è solo per chi sa scalare alte vette. Il resto è spazzatura. È donare perle ai porci.
Scrivere è, come dice un mio amico scrittore, solitudine.
giovedì 9 febbraio 2017
Le interviste di Pia: Nicola Lecca
http://www.medasa.it/le-interviste-pia-nicola-lecca/?utm_campaign=shareaholic&utm_medium=facebook&utm_source=socialnetwork
Il romanzo di Pia Deidda "E cantavamo alla luna" messo in parallelo con "Passavamo sulla terra leggeri" di Atzeni.
Dalla mia pagina Facebook.
Essere messa a fianco del grande Atzeni è da brividi. Marina Tozzo che dire? Grazie!
Marina Tozzo
Ci sono libri che, non non sono per tutti. Divulgati, famosi, osannati, senza che vengano capiti e peggio ancora non letti. No non per tutti. Me ne ricorderò. E cantavamo alla luna (di Pia Deidda ), o Passavamo sulla terra leggeri (di Sergio Atzeni), e ancora I sudditi del Dio Rosso (della Sanna) no non sono per tutti. Non sono merce da supermercato. Giuro che non lo dimenticherò! Benedetto il giorno in cui sono entrata nella tua libreria Giancarlo Loi Cerquetti
domenica 5 febbraio 2017
Poesia di Pia Deidda "Riparto"
RIPARTO
Riparto,
non
per un dove
stagno
tranquillo
approdo
sicuro
silente
confine,
delimitante.
Riparto,
per
un quando
stato
mentale
proiezione
infinita
ampio
orizzonte,
svincolante.
© Pia
Deidda (2017)
sabato 28 gennaio 2017
Poesia di Pia Deidda "Come me irregolare"
COME ME IRREGOLARE
Siamo puntuali
siamo regolari
tutte le mattine
Monsù Travet
prende il pullman con me
trent’anni di lavoro
o forse anche di più
mai un ritardo
capo sempre coperto
ben imbottiti d'inverno
scongiuriamo la mutua
fresco lana in estate
aspetto diligente
poche parole
economizziamo per dopo
fatiche e dolori
siamo regolari
siamo puntuali.
Auspico Monsù Travet
che lei abbia, ogni tanto,
un suo spazio creativo
come me irregolare.
Pia Deidda © 2016
Dipinto di Ottorino Stefanini,
Alla ricerca di Franz Kafka,
Visita a Weimar, 2014
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