Mi è stato chiesto di spiegare i versi latini che si trovano a pag. 66 del romanzo “E cantavamo alla luna” in quel pezzo dove si legge:
“ Nel momento in cui lo vide uscire dalla tenda, figura simile ad un corvo nero nella notte buia, Quinto Cornelio pensò a come sarebbe stato più piacevole in quel momento riprendere in mano il foglio che aveva nascosto sotto le carte militari appena lui era entrato;
seseque ei perire mavolunt ibidem
quam cum stupro redire ad suos popularis
così diceva il poeta, i cui versi epici avevano attraversato il mare chiusi fra segreti incartamenti. Oh! Fido Ascanio come potrei fare senza di te? Pensò così, ma fu subito interrotto dal rumore degli zoccoli di un cavallo che arrivava di corsa e dalle grida di un soldato“.
Il verso è tratto dal primo poema epico nazionale romano scritto da Gneo Nevio nel III sec. a.C. "Bellum Poenicum". Esso narra delle prima guerra punica alla quale lo stesso poeta aveva partecipato.
I versi così dicono:
essi preferiscono morire in quello stesso posto
piuttosto che tornare coperti di vergogna dai loro concittadini
E' chiara l'allusione metaforica allo stato d'animo in cui si trova Quinto Cornelio in quel momento. Egli è infatti pressato dal governo centrale di Roma che vuole conquistare il cuore della Sardegna. L'avanzata verso la Barbaria infatti non procede come dovrebbe perchè - nel romanzo - ostacolata da continui sabotaggi a opera dei sardi.
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