domenica 21 gennaio 2024

"Rimetto le ali" poesia di Pia Deidda

 


Opera della serie "Ali", anni 90, di Wanda Nazzari


RIMETTO LE ALI


Rimetto le ali, il tempo è arrivato,

le cucio attentamente con fili argentati.

Non più volo radente, né passo pesante

camminata lenta, spalle ingobbite

ma un vorticare impennante

frullo potente, risano la mente.

Rimetto le ali, supero ostacoli

oltre barriere con fili di ferro annodati.


© Pia Deidda 2024

sabato 18 novembre 2023

COME UN IKEBANA


E poi ti fermi

silenziosa

come un ikebana

aneli al cielo

e guardi alla terra.


© Pia Deidda 2023 




mercoledì 21 giugno 2023

Otto Dix, la I Guerra Mondiale e la narrativa sul tema

 Quando in Storia dell'arte parlo degli artisti e la I Guerra Mondiale mi soffermo su Otto Dix. Sono d'obbligo i riferimenti di contestualizzazione storica; ma, per capire il dramma umano vissuto da Dix, che partì volontario " desideroso di fare esperienza della guerra" e tornò con un trauma psicologico che lo accompagnerà per tutta la vita, penso che la letteratura ci abbia lasciato momenti di immersione in quella tragica esperienza. 


Oggi, ai tanti romanzi consigliabili ( Un anno sull'altopiano di Lussu; Niente di nuovo sul fronte occidentale di Remarque; Addio alle armi di Hemingway, ecc. - romanzi scritti da chi ha vissuto di persona la guerra) ne aggiungo un altro "Come vento cucito alla terra" di Ilaria Tuti. L'autrice fonde insieme l'esperienza delle prime donne chirurghe inglesi e la cruda realtà dei sopravvissuti feriti e mutilati.

Solo se ci immedesimiamo nei soldati che vissero la guerra di trincea possiamo capire il "brutto" che emerge dalle opere di Dix.

giovedì 30 marzo 2023

Poesia di Pia Deidda "Mandami un involucro





Mandami un involucro


Raccogliemmmo con furia pensieri

indumenti sparsi [già dormivamo]

scarpe spaiate nella fretta.

La via di fuga divenne anelito

corsa, ricerca di salvezza.

Boato assordante che sovrasta la quiete

luce tellurica che squarcia la notte

la porta bloccata [che angoscia].

Sentimmo urla fra le macerie

richieste di aiuto, forti pianti

frastuono di escavatori.

Attoniti aspettammo soccorsi.


Mandami una coperta,

alimenti non deperibili,

acqua, tanta acqua

un pacco di assorbenti,

i pannolini per il bambino.

Mandami un po' di coraggio,

per affrontare la vita.

Mandami un involucro

che io possa celarmi, nella quiete

aspettare che tutto finisca.

Mandami un involucro

che io possa proteggermi.



© Pia Deidda 2023





  Dipinto di Sophie Anderson, Dopo il terremoto, 1884 

sabato 11 marzo 2023

La lavandaia di Daumier: dare voce a chi non ha voce


 Ila mi manda qualche sera fa su WhatsApp questa foto perché con altri compagni e compagne dell'Umberto I sono al MET di New York. Lei sa che mi sta facendo un grande dono, e lo sta facendo anche a se stessa. In questi giorni in classe stiamo studiando l'arte ottocentesca ( con rimandi anche al contemporaneo) di quegli artisti che si sono occupati di dare voce a chi non ha voce, ai poveri, al sottoproletariato, agli emarginati, ai vinti.

La lavandaia ( ne esiste una anche al Museo Orsay di Parigi), dipinta da H. Daumier nel 1863, è una donna del popolo che lava i panni dei borghesi sulle sponde della Senna. La immaginiamo tutti i giorni fare lo stesso percorso: andare a ritirare i panni nei ricchi appartamenti dei palazzi di cui si intravede lo skyline dietro di lei, arrivare sul fiume e chinarsi nell'acqua gelida per insaponare e sciacquare i panni, tornare ingobbita dal peso per dirigersi verso casa per asciugare e poi stirare ( collegamento con Le stiratrici di Degas). Non sfugge però, alla nostra osservazione, la bambina che tiene per mano. È una mamma che non saprebbe a chi lasciare la piccola mentre svolge il suo lavoro. La città, già caotica e industrializzata, non permette ad una donna l'aiuto che avrebbe dalla comunità o dalla famiglia se vivesse in campagna. Deve portarla con sé. Al sacrificio giornaliero della donna si unisce la fatica della bimba, costretta tutti i giorni a svegliarsi presto e aspettare al freddo del mattino che la mamma finisca di lavorare. La bimba ha in mano una paletta batti panni, non perché l'ha usata come giocattolo ma perché è attrezzo che la lega ad un destino già segnato, predestinato, come quello di sua madre.
Pochi colori, con tonalità basse e scure, dati in pennellate brevi e sintetiche. Per raccontare la vita basta un linguaggio diretto, semplificato, senza orpelli; per raccontare la storia dei vinti si può usare una estetica del brutto e non del bello ideale. Quello lasciamolo all'arte accademica, all'arte apprezzata e comprata dai ricchi borghesi per adornare gli appartamenti di quei palazzi che intravediamo alle spalle della donna.
Grande Daumier perché apre le porte all'arte contemporanea.

Poesia di Pia Deidda "Dove vanno le anime degli atei?"

 Dove vanno le anime degli atei?

a F.


Dove vanno le anime degli atei?

Dove soggiornano

aspettando il risveglio rifiutato?

Sostano senza l'assillo del tempo

fuggevole immanente.

Non solo materia polvere di stelle

ma energia pura,

trascendenza e luce.

Sostano dentro l'eterno

come da sempre.

Dove vanno le anime degli atei?

Le immagino aspettare

fino alla consapevolezza

del risveglio rifiutato.


© Pia Deidda 2023



                                                      L. Fontana, Concetto spaziale, Attesa, 1960. 


domenica 1 gennaio 2023

Arthur Jafa alle OGR di Torino

https://ogrtorino.it/events/arthur-jafa


Guardando le onde del magma nero, dell'opera immersiva di Arthur Jafa, ho pensato al dipinto di Turner "La nave negriera"; 182 anni separano le due opere, l'inizio di un percorso di violenze e sofferenza per il popolo che diventerà afroamericano e il magma nero che ci sommerge e lo riscatta.