giovedì 30 marzo 2023

Poesia di Pia Deidda "Mandami un involucro





Mandami un involucro


Raccogliemmmo con furia pensieri

indumenti sparsi [già dormivamo]

scarpe spaiate nella fretta.

La via di fuga divenne anelito

corsa, ricerca di salvezza.

Boato assordante che sovrasta la quiete

luce tellurica che squarcia la notte

la porta bloccata [che angoscia].

Sentimmo urla fra le macerie

richieste di aiuto, forti pianti

frastuono di escavatori.

Attoniti aspettammo soccorsi.


Mandami una coperta,

alimenti non deperibili,

acqua, tanta acqua

un pacco di assorbenti,

i pannolini per il bambino.

Mandami un po' di coraggio,

per affrontare la vita.

Mandami un involucro

che io possa celarmi, nella quiete

aspettare che tutto finisca.

Mandami un involucro

che io possa proteggermi.



© Pia Deidda 2023





  Dipinto di Sophie Anderson, Dopo il terremoto, 1884 

sabato 11 marzo 2023

La lavandaia di Daumier: dare voce a chi non ha voce


 Ila mi manda qualche sera fa su WhatsApp questa foto perché con altri compagni e compagne dell'Umberto I sono al MET di New York. Lei sa che mi sta facendo un grande dono, e lo sta facendo anche a se stessa. In questi giorni in classe stiamo studiando l'arte ottocentesca ( con rimandi anche al contemporaneo) di quegli artisti che si sono occupati di dare voce a chi non ha voce, ai poveri, al sottoproletariato, agli emarginati, ai vinti.

La lavandaia ( ne esiste una anche al Museo Orsay di Parigi), dipinta da H. Daumier nel 1863, è una donna del popolo che lava i panni dei borghesi sulle sponde della Senna. La immaginiamo tutti i giorni fare lo stesso percorso: andare a ritirare i panni nei ricchi appartamenti dei palazzi di cui si intravede lo skyline dietro di lei, arrivare sul fiume e chinarsi nell'acqua gelida per insaponare e sciacquare i panni, tornare ingobbita dal peso per dirigersi verso casa per asciugare e poi stirare ( collegamento con Le stiratrici di Degas). Non sfugge però, alla nostra osservazione, la bambina che tiene per mano. È una mamma che non saprebbe a chi lasciare la piccola mentre svolge il suo lavoro. La città, già caotica e industrializzata, non permette ad una donna l'aiuto che avrebbe dalla comunità o dalla famiglia se vivesse in campagna. Deve portarla con sé. Al sacrificio giornaliero della donna si unisce la fatica della bimba, costretta tutti i giorni a svegliarsi presto e aspettare al freddo del mattino che la mamma finisca di lavorare. La bimba ha in mano una paletta batti panni, non perché l'ha usata come giocattolo ma perché è attrezzo che la lega ad un destino già segnato, predestinato, come quello di sua madre.
Pochi colori, con tonalità basse e scure, dati in pennellate brevi e sintetiche. Per raccontare la vita basta un linguaggio diretto, semplificato, senza orpelli; per raccontare la storia dei vinti si può usare una estetica del brutto e non del bello ideale. Quello lasciamolo all'arte accademica, all'arte apprezzata e comprata dai ricchi borghesi per adornare gli appartamenti di quei palazzi che intravediamo alle spalle della donna.
Grande Daumier perché apre le porte all'arte contemporanea.

Poesia di Pia Deidda "Dove vanno le anime degli atei?"

 Dove vanno le anime degli atei?

a F.


Dove vanno le anime degli atei?

Dove soggiornano

aspettando il risveglio rifiutato?

Sostano senza l'assillo del tempo

fuggevole immanente.

Non solo materia polvere di stelle

ma energia pura,

trascendenza e luce.

Sostano dentro l'eterno

come da sempre.

Dove vanno le anime degli atei?

Le immagino aspettare

fino alla consapevolezza

del risveglio rifiutato.


© Pia Deidda 2023



                                                      L. Fontana, Concetto spaziale, Attesa, 1960.