domenica 29 marzo 2009

Su stampu 'e su Turnu


Foto di Alessandro Spiga

Cicytella scostò la tenda di edera e sorrise fra sé. Finalmente un po' di solitudine. Avrebbe potuto pensare, riflettere e perché no, anche cantare, lontano da loro. E poi, aveva un presentimento. Ma non sapeva spiegarsi ancora cosa potesse essere. Sentiva che doveva uscire e andare.
Guardò fuori stando sulla bassa imboccatura della grotta. Amava quella terra, i verdi intensi dei suoi vasti boschi, le bianche montagne calcaree erose a picco sulle strette valli, gli arbusti che vi crescevano a stento creando asimmetriche macchie di verde, le sue ricche fonti, i ruscelli con le loro energiche acque, i laghetti che si formavano là dove grossi massi ne ostacolavano il fluire. Amava i profumi che si spandevano nell'aria; in tutte le stagioni predominavano le fragranze del timo selvatico e della felce.
Sì! Sorrideva alla sua libertà. La libertà ottenuta in quel momento le permetteva di vivere di quella terra, di quei colori, di quei profumi.
Mentre pregustava queste sensazioni incominciò a inoltrarsi nel bosco, dimenticandosi la grotta, le sorelle, le loro attività, la recente panificazione, perdendo così la nozione di tempo e di spazio. Camminò a lungo nel bosco ed ebbe la fortuna di fare tanti piacevoli incontri. Vide una mamma cinghiale con i figlioletti al seguito, un muflone solenne nel suo portamento che era sceso dalla montagna per abbeverarsi ad un ruscello, una fiammeggiante volpe distratta dal passare di una ignara lepre. Come adorava quelle creature; esse sì che vivevano veramente lo stato di libertà.
Quando il fitto del bosco glielo permetteva alzava gli occhi per scrutare il cielo, che formava azzurre finestrelle fra il verde scuro delle fronde, e vedere il volo di un astore o, un'altra volta, di un gheppio. Loro, come lei, avevano il dono del volo.
«E, se andassi a lavarmi? Togliermi questo odore di legna bruciata dai capelli?» pensò e mentre lo diceva era già diretta alla cascata in fondo alla stretta valle. Si fermò soltanto a raccogliere viole e ciclamini nel sottobosco, peonie in una radura allo scoperto. Avrebbe strofinato i fiori sui capelli e sulla pelle mentre si lavava.
Arrivò giù al ruscello che era tardo pomeriggio, lontano si sentivano le campanelle delle pecore che tornavano agli ovili. Si tolse gli abiti, entrò nell'acqua del ruscello e si diresse verso la cascatella che, compiendo un salto di qualche metro, veniva a formare una doccia naturale. S'immerse nel freddo getto e alzando le braccia si stiracchiò. La sensazione fu piacevole, tutti i muscoli dispiegarono il torpore, acquistando una nuova energia. Le alucce si afflosciarono appesantite dall'azione forte dell'acqua che cadeva dall'alto.
«Ah, che delizia! Ci voleva proprio dopo tutte quelle ore passate al chiuso e al caldo!».
Nel frattempo il profumo dei fiori, che andava spalmando in tutto il corpo, si diffondeva nell'aria ed era assorbito dalla pelle e dai capelli.
E, incominciò a cantare. Era un canto antico che ricordava tempi lontani, che parlava di uomini intrepidi ed eroici, di un giardino dai pomi d'oro, di grandi fortezze turrite, di janas regine, di janas adorate come divinità. Era una voce soave e melodiosa, a tratti vibrante. Sarebbe entrata nel cuore se qualcuno l'avesse sentita. Il canto delle janas, è risaputo, ammalia gli uomini.
« Che scimunita! Che scìmpra! Che tzéga!» avrebbero detto le sorelle se solo l'avessero sentita.
Ma lo stavano dicendo lo stesso in quel momento perché si era fatto molto tardi, lei non era ancora ritornata e non era nemmeno nei paraggi.
E, mentre Cicytella cantava spensierata incurante di quello che stava accadendo, le sorelle mugugnando mangiavano la frittata con cipolle.

da: L'ultima jana, cap.4

venerdì 20 marzo 2009

Ecco un'altra delle tante storie delle piccole vittime della guerra alle quali Emergency porta aiuto

Gullandam, "bella come un fiore" in un Helmand che non e' piu' un giardino

Ieri, nel nostro ospedale di Lashkar-gah, nel sud dell'Afganistan, un infermiere afgano ci ha raggiunto in mensa per sottoporci un modulo che non avevamo mai visto. Il padre di Gullandam, una bambina ricoverata da qualche giorno, chiede di compilarlo al piu' presto:
deve presentarlo agli uffici dove ha fatto richiesta di indennizzo per l'esplosione che ha distrutto la sua casa e la sua famiglia. Prendiamo in mano il foglio. Certo che lo aiuteremo. Lo compiliamo con tutte le informazioni sulle condizioni di salute della piccola, e con Paola lo portiamo subito nella D-ward, il reparto dei bambini, dove rintracciamo il genitore per fargli avere tutta la documentazione.
Gullandam in pashtun significa «bella come un fiore» ed e' in giardino, a giocare in mezzo agli altri bambini ricoverati. A sei anni, ha gia' affrontato con coraggio l'amputazione di una gamba e le tante dolorose cure per salvare l'altra. Prima o poi dovranno dirle che ha perso anche la madre e che non ha una casa dove tornare.

Per maggiori informazioni sul centro chirurgico per vittime di guerra a Lashkar-gah in Afganistan:
http://www.emergency.it/menu.php?A=002&SA=007&P=005&SP=152&ln=It

Per sapere in che modo sostenere i progetti di Emergency:
http://www.emergency.it/menu.php?A=004&SA=021&ln=It

Destinando a Emergency il tuo cinque per mille, contribuisci a realizzare gli obiettivi dell'associazione senza alcun aggravio delle imposte.

C'è un modo di contribuire alle attività di Emergency a favore delle vittime della guerra e della povertà che non costa nulla: devolvere il 5 per mille della propria dichiarazione dei redditi a Emergency.

Come fare

1. Compila la scheda CUD o del modello 730.

2. Firma nel riquadro indicato come "Sostegno del volontariato..."

3. Indica nel riquadro il codice fiscale di Emergency:

971 471 101 55

Grazie!

venerdì 6 marzo 2009

Cosa dite dell'ultima jana, parte quarta

Continuano ad arrivarmi messaggi positivi da lettori de L'ultima jana.

Parduletta, nick di una amica di Paradisola, mi scrive:

Piaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa

ohè, non scherziamo !!!!!!!!
Ma quale fiaba e quale libro leggero.....

Ma's fattu prangi !!! Altrochè....

Ho acquistato il libro appena dopo il tuo messaggio di benvenuta, ma solo lunedì (22-12-2008)mi son ritagliata uno spazio per leggerlo (tutto d'un fiato !) e ......mi hai fatto tornar bambina a casa di nonna in paese quando si faceva il pane in casa.
Nonna era mooolto spigolosa di carattere ma sapeva fare il pane e su coccoi pintau come poche !
Peccato non aver avuto in quei tempi la tecnologia di cui ora disponiamo ....
Ma leggendo il libro era come se quei gesti, quei profumi e l'atmosfera che sempre li accompagnava io li potessi ancora sfiorare ....
Grazie ancora Pia, ti auguro buone feste..
Ciao !!!!

"Nube che corre" di Gente di Sardegna scrive:

Ciao, il tuo libro è bellissimo, tenero e romantico. Mi ha colpito prima di tutto il titolo perchè le jane le adoro, sono una "realtà "della mia Terra Sarda. L' ho fatto comprare anche a mia sorella e anche lei l' ha trovato molto bello . Tutti i personaggi, i luoghi e la magia lo rendono comprensibile e si fa rileggere senza annoiare. Scrivi ancora, chissà magari non era l'ultima jana.