domenica 17 aprile 2011

IL ROMANZO “E CANTAVAMO ALLA LUNA” E' STATO ISPIRATO DA UN LUOGO FISICO A ME CARO.

IL ROMANZO “E CANTAVAMO ALLA LUNA” E' STATO ISPIRATO DA UN LUOGO FISICO A ME CARO.

Chi, come me, ha vissuto a Lanusei negli anni Sessanta-Settanta ancora ricorda certe domeniche o festività passate al bosco Seleni quando le famiglie arrivavano alle prime ore del mattino per riuscire ad accaparrarsi i tavoli di granito migliori posizionati sotto i lecci. Era un momento aggregativo e socializzante che creava movimento e fermento ed interrompeva per qualche ora il silenzio e la solitudine del bosco millenario. Le famiglie apprestavano vere e proprie tavolate con pranzi pantagruelici, dove non poteva mancare l'arrosto di maialino allo spiedo fatto negli appositi spazi. Chi ha vissuto quei momenti non ha dimenticato l'acqua gelida e pura che sgorgava di getto dalla sorgente e dalle altre due fontane minori.

Il Selene (o meglio Seleni alla sarda) è sempre stato il vanto della cittadinanza lanuseina, orgoglio da mostrare al forestiero e bene da godere. Come dimenticare l'orrore che suscitò in tutti l'incendio che scoppiò un giorno di un anno lontano degli anni Settanta? (Perchè non ci ricordiamo più quel momento? Ho chiesto a tanti lanuseini la data precisa ma non ne ho avuto notizia certa. Eppure sono questi momenti che non devono essere dimenticati, che ci fanno capire quanto siamo legati ad un posto fisico, e quanto questo posto sia di un valore inestimabile da tramandare alle generazioni future!). Tutta la popolazione accorse a spegnerlo spinta da una forza generata da un senso di comune appartenenza. Morivano lecci secolari, castagni possenti e verdeggianti, scompariva un fertile sottobosco; se ne andava una parte di noi. Ricordo quel momento ancora con grande commozione, il sole che stava tramontando dietro il monte divenne rosso di brace. Noi lanuseini quel giorno avemmo paura, non stavamo perdendo solo una parte del nostro patrimonio paesaggistico e naturalistico, stavamo perdendo una parte della nostra storia.

Eppure, in quegli anni, nessuno di noi era pienamente consapevole di cosa fosse realmente la storia del nostro bosco. Conoscevamo l'esistenza di quell'ammasso di pietre, sulle quali bambini si andava a giocare, come resti di un antico nuraghe. Ma nulla di più. Gli studi fatti da La Marmora ai primi dell'Ottocento o da Angelino Usai nella nostra epoca erano a conoscenza di pochi. Chi di noi sapeva dell'esistenza del bronzetto della sacerdotessa oggi conservato a Cagliari? Chi del pane rituale di farina di ghiande che facevano le nostre ave nuragiche? Oggi, invece, dopo gli scavi iniziati negli anni Novanta, siamo a conoscenza della rilevanza storico-archeologica che riveste il sito del Seleni: importante insediamento nuragico con pozzo sacro, grande villaggio all'intorno del nuraghe con centinaia di capanne e due grandi tombe dei giganti che fanno ipotizzare un importante centro religioso legato al culto delle acque e dei defunti.

Io, allora bambina, qualcosa sognavo quando mi protendevo dalla roccia dove sorgevano le rovine del nuraghe. Gennaccìli, Genna 'e Cili , Porta del Cielo, era chiamato il nuraghe e il masso che si protendeva sulla vallata. Chissà quale antico passato si era svolto lassù. Chi aveva vissuto in quel bosco alto di Ogliastra?

Oggi a distanza di quarant'anni ho preso la penna in mano e ho intessuto una storia, fantastica certo, non ha pretese di storicizzazione, ma che mi permette di rendere narrativamente con gli occhi della fantasia che cosa poteva essersi svolto lassù tanto tempo fa. Ricercare le nostre origini non con i metodi scientifici dell'archeologo ma con quelli della passione letteraria che può avere la forza di ricreare l'aurea del mito. Anche perchè, nel frattempo, in questi ultimi decenni, tanto si è andati avanti nella ricerca storico-archeologica dell'antico popolo sardo. E, non sorprende, se si paragonano altri siti sardi, di sentire parlare di culto delle acque, di culto alla luna, di incunaboli, di riti funebri legati a luoghi particolari. Luoghi sacri come il bosco Seleni/Selene che della Luna ricorda con il termine greco il suo legame con l'astro notturno e con il suo antico culto.


Il "tempio della mia sacerdotessa Airam".

Foto Rossana Fois


4 commenti:

Grazia ha detto...

Ora ho capito tutto cara Pia. Un luogo fantastico che sicuramente le tue parole renderanno ancora più bello.
Un abbraccio.
Grazia

Pia ha detto...

Grazie!
Per tutto....

Teresa Fantasia ha detto...

Grazie Pia ,sono stata nel magico bosco di Selene nel settembre del 2010 in compagnia dei miei cari Amici Giovanna Mulas e Gabriel Impaglione ,un posto meraviglioso e incantato che merita essere valorizzato di più ,spero di cuore il tuo libro aiuti .un abbraccio da Argentina
Teresa Fantasia

Pia Deidda ha detto...

Grazie Teresa, un atto dovuto d'amore alla mia terra.
Questa estate dopo la metà di Luglio ci troveremo al Bosco Seleni per parlare del libro e del sito archeologico.
Riuscirò a farlo anche questo autunno qui a Torino.
Un caro saluto, Pia