sabato 2 agosto 2014


Scrivevo questo su FB il 26 dicembre 2011

Sono passati quattro anni da questa nota scritta qua sotto. Nel frattempo c'è stata L'ULTIMA JANA e E CANTAVAMO ALLA LUNA. E' arrivato il tempo che riprenda la storia...

NOTE DELL'AUTRICE

Oggi 20 Novembre 2007 inizio a scrivere “Ti camminerò accanto”.
Sono sull'autobus con il mio quadernetto, ho incominciato a scrivere dalla fine, dall'ultimo capitolo. Ho in mente tutto il romanzo; in questi giorni mi sono passate davanti le immagini e ho ascoltato, dentro di me, i dialoghi. Devo avere solo la forza di scriverlo. E' una storia forte. Il mio scrivere è troppo delicato. Dovrò dare incisività, specialmente ad una voce, quella del Male. Non so se riuscirò in questa impresa. Ma anche dare voce al Bene non sarà facile. Che presunzione, mi dico. Chiedo allora il dono della saggezza e della capacità di discernimento.
Inoltre, la storia mi tocca nei recessi più profondi dell'anima. E' giusto sviscerare e rendere pubblica una tale ricerca interiore? E' corretto scrivere di tante esperienze che si sono accavallate nella mia vita, rischiando di dare nome e identità a persone e personaggi?
Un caro amico, dopo la pubblicazione di Rubia, mi ha detto di continuare a scrivere. Cosa? Scrivi di Pia. Ma cosa vuol dire?
Inizio a scrivere, la penna scivola sul quadernetto. Intesserò tutto con il filo della fantasia; luoghi, tempi e nomi prenderanno le ali della creatività. Resterà solo l'essenza di quello che è stato esperito.
Ad una fermata dell'autobus sale un vecchietto con il bastone. L'uomo che è seduto dirimpetto a me lo fa sedere. Il vecchietto mi sta così di fronte e mi guarda scrivere. Ci sorridiamo; sembra nonno Mario, il mio papà che non c'è più. Ha il volto pallido, scavato dagli anni e gli occhi umidi che accompagnano uno sguardo buono.
Ad un sobbalzo dell'autobus mi dice:”Difficile scrivere in queste condizioni, io non ci riuscirei. Deve essere abituata”. Lo guardo, non amo tanto essere interrotta mentre scrivo, ma il vecchietto mi sorride e, poi l'ho detto, mi ricorda nonno Mario. E, rispondo:”Certo non è facile, a casa rimetto tutto a posto, vista così la scrittura sembra stenografia”. Ci ricambiamo il sorriso e riprendo a scrivere. Arriva la mia fermata, quasi la perdevo distratta dallo scrivere. Il vecchietto mi cerca nuovamente con gli occhi e, con il sorriso, mi porge la mano, gliela stringo e dice semplicemente, guardandomi negli occhi: “La continui a scrivere, signora. Auguri”. “Grazie”.
Scendo dall'autobus con un senso di commozione, ho allo stesso tempo un groppo in gola e un urlo di felicità inesprimibile. Giungo le mani e ringrazio quella presenza che si è inserita furtiva nella mia vita.
Ho la consapevolezza che scriverò questa storia.



Domenico Zampieri, detto Domenichino,  
L'angelo custode, 1615, Napoli, Capodimonte

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