sabato 9 agosto 2025

"Ogni ricordo un fiore" di Luigi Lo Cascio detto da me


 Ad A.


Arrivo a pagina trecentotrentatre e chiudo il libro.
Mi appresto a scrivere la richiesta alla tua domanda se mi è piaciuto.
Prima d'incominciare questo difficile compito, ancora rapita e stordita dalla lettura ultimata, devo soffermarmi su una mia teoria che andrà a spiegare perché questa storia - o tanti incipit di storie raggrumate insieme - mi è piaciuta, alfine commossa.
Per me esistono due anime di sicilianità (chissà se necessiterebbe di una indagine storico antropologica accurata fra siculi e sicani, la butto lì), l'una bonacciona, ridanciana, comica, a tratti burlesca, sempre pronta a rendere la vita un frizzi e lazzi ( non è ancora il momento di dire che forse è un atteggiamento che contiene in sé la seconda anima ma che preferisce vedere il bicchiere mezzo pieno solo per non soccombere), l'altra porta con sé il pessimismo cosmico, "il pessimismo in scala planetaria", come dice Lo Cascio, categoria di uomini silenziosi, chiusi, introspettivi, cupi, angosciati, a tratti gestiti da un'ansia malamente trattenuta. Uomini che sentono su di loro, attorno a loro, " il brivido di freddo" - sempre per citare l'autore - della morte, che cercano ogni giorno il senso di questa dolorosa, faticosa vita.
Ma "ogni ricordo (è) un fiore" - ci ricorda l'autore - che ricompone, alla fine, tutto l'asfastellarsi di un racconto fino ad allora frammentato da incipit di romanzi che non hanno mai preso forma. Il vaso al centro della stanza, dove non prefiche piangono il morto, ma familiari e amici lo riempiono di fiori nel ricordo bello del defunto. Lo scopo dello scrittore è saper vedere e ascoltare questo guazzabuglio di sensazioni paure dubbi che è la vita e provare a raccontarlo. Impresa non facile ci fa capire la seconda anima sicula che alberga in Luigi (Gigi) Lo Cascio.

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