mercoledì 2 maggio 2012

Cena sarda al ristorante Sardegna di Via San Donato a Torino


Il giorno 17 Maggio si leggeranno stralci da L'ULTIMA JANA durante la cena sarda, cucinata dallo chef Sergio Coghe, al ristorante Sardegna in Via San Donato 27 

Stava così ricordando quella piacevole nottata, quando le arrivò alle narici il fumo aromatico delle frasche di mirto bruciate. Andò in cucina e trovò le sorelle che si stavano apprestando a infilzare un piccolo maialino da latte dentro un lungo spiedo. Sarebbe stato il loro pranzo... appena cotto vicino al fuoco scoppiettante. Le sorelle si sarebbero date il turno per girare lo spiedo, la cottura doveva essere rigorosamente uniforme. Un lavoro tranquillo, fatto di amore e di pazienza.
Fra gli umani l'arrosto allo spiedo è un lavoro da uomini non da donne, per le janas è un lavoro da janas.
Pabassìna preparò un lungo vassoio ricavato da una corteccia di sughero e Pirichìtta vi adagiò sopra il pistòcu, avrebbe accolto il maialino appena pronto. Pàrduledda stava preparando su lardu de stidhiài, il pillotto avrebbe dato maggior gusto alla carne e alla cotenna. Cicytella rimaneva come ipnotizzata da quelle piccole gocce infuocate che, scendendo dal lardo, scoppiettavano sfrigolando sulla carne.
Il pranzo fu un tripudio per il palato e la pancia. Quel piatto atavico ricordava e condensava in sé tutti i sapori di quella terra antica. Ricordava tempi molto remoti e cose molto remote come quei misteriosi edifici troncoconici in pietra che ogni tanto spuntavano dalle rocce e dalla terra, nelle alture e lungo le coste.
Le fate non lasciarono nemmeno un pezzetto di carne. Solo le ossa testimoniavano il pasto appena avvenuto. Ossa che furono spolpate talmente bene da risultare lucide come bronzo e poter essere scambiate per spilloni, pugnali, lance e puntelli. Si contesero anche il cervello, la lingua, le orecchie e la coda. Tutto fu diligentemente ingurgitato, non rimase nemmeno un pezzetto di cotenna o del raro grasso.
Alla fine del pasto decisero che necessitava un liquore digestivo. Cicytella si alzò e andò in cantina a prendere una fiaschetta di mirto. Quel giorno non c'era nemmeno un angolino nello stomaco per il dolcetto.

Da : Pia Deidda, L'ultima jana, 2008, pag. 57


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