giovedì 23 aprile 2009

L'esistenza di Dio e del Male

Quante volte ho sentito dire: «Ma se Dio veramente esistesse perchè permette il male, la malattia, le disgrazie...?». Io ho sempre dato questa risposta, che nasce dalla mia fede: «Dio ci aveva fatti a sua immagine ma noi abbiamo scelto la libertà di aderire al Bene o al Male, abbiamo scelto e preso dall'albero della Conoscenza. Questo è stato il Peccato Originale. Questo mondo imperfetto è lo scotto che dobbiamo pagare perchè ogni giorno scegliamo nella nostra libertà. Abbiamo voluto conoscere oltre il Paradiso Terrestre. Gli antichi questo l'avevano ben capito e ne è una testimonianza il primo libro della Genesi».

Ma so bene che ai miei amici atei, o agnostici, o dubbiosi, questa risposta non basta.

Perchè bisogna partire dalle domande fondamentali: «Ma io credo in Dio? Ma io voglio veramente incontrarlo?».

Riporto in questo mio spazio una lettera e la risposta a questa, letta ieri sul quotidiano cattolico Avvenire (22 Aprile 2009). Tanto per riflettere un po'.

E dedico questo spazio a tutti gli amici che sono nel dubbio o sono alla ricerca di una risposta che tarda a venire.

PRESENZA DEL MALE, ESISTENZA DI DIO, MISTERO DELL'UOMO

dalla rubrica: Il direttore risponde

Caro Direttore,Dio non c'è? Non ce n'è bisogno? È più onesto e dignitoso che non ci sia, come sostiene Augias, l'ultimo ateologo? Oppure c'è? E alfa e omega, come sostiene Mancuso, l'ultimo teologo? In un dialogo senza altezze, dove l'uno e l'altro finiscono per essere opposti che si toccano, la cultura decade. All' Aquila, padre Luciano Antonelli, frate minore cappuccino del convento Santa Chiara (gioiello del '400 andato in pezzi), corre con l'ampollina dell' olio degli infermi e, piangendo tra i corpicini dei bambini, li assolve dai peccati (di grazia, quali?) e tutti gli chiedono: «Dov'è Dio?». Il Padre, tra il dolore e lo sconcerto dei presenti, risponde: «Dio è qui, non se n'è andato». Ma di quale Dio parliamo noi uomini? Del Dio buono dei miracoli o del Dio che non avrebbe l'onnipotenza per fermare il male? Se ferma il tumore di un nostro caro, Dio c'è. Se non ferma il terremoto, Dio non c'è. «Si Deus est unde malum?» (se c'è Dio, perché il male? Da dove viene il male?). Ferdinando Camon, nelle ultime righe della sua "Conversazione con Primo Levi" chiede all'interlocutore: «Auschwitz è la prova della non-esistenza di Dio?». Levi risponde: «C'è Auschwitz, quindi non può esserci Dio». E sul manoscritto, a matita, annota: «Non trovo un soluzione al dilemma, la cerco ma non la trovo». E se Dio non avesse nulla a che vedere con le chiacchiere degli uomini? E se Dio non fosse ciò che abbiamo sempre ritenuto, a nostro uso e consumo? «E se un Dio non ci venisse a salvare?», chiedono Mauricio Y.Marassi e Jisò Forzani. L'uomo non sa niente di sé ma parla di Dio, (s)ragiona su Dio. Corre in soccorso del proprio simile, l'uomo, quando tutto è crollato, ma si ritrae quando è chiamato a tendere la mano in tempi di normalità. Per agire, per cooperare, ha bisogno di pianti disperati, l'uomo. E' vuoto d'amore, l'uomo. E malato, l'uomo. E capace di tutto, l'uomo. Auschwitz l'ha fatto l'uomo (cioè noi, ciascuno di noi) nel pieno della propria libertà. E' uno strano essere, l'uomo. Prima di chiederci se c'è Dio, dovremmo chiederci: e l'uomo? C'è l'uomo?

Davide D'Alessandro, Vasto (Ch)

La sua lettera, caro Davide, è accorata e drammatica, come s'addice all'argomento. La pubblico volentieri perché essa dà voce - senza chiudere preventivamente alcun varco - alla domanda che inevitabilmente ci prende quando la nostra precarietà si manifesta in modo traumatico, imponente, senza appello, com'è accaduto in questi giorni con la catastrofe in Abruzzo, e come avviene in tutte le circostanze in cui si conferma l'esistenza del male e dell'imperfezione, a cui neppure la natura sfugge. In tali frangenti, allo sguardo non sostenuto dalla fede e dalla speranza, alla persona troppo provata dal dolore, la natura può giustamente apparire più «matrigna» che madre, come sostenne Giacomo Leopardi. Probabilmente tutte queste possibili obiezioni, profondamente comprensibili, erano ben presenti a Pascal quando nei «Pensieri» elaborò il ragionamento della celeberrima «scommessa» sull'esistenza di Dio, uno dei cardini dell' apologetica cristiana, non solo moderna. Qui, egli afferma innanzitutto che i principi cristiani coincidono con i migliori principi umani e perciò vivere da cristiani (anche nell'ipotetica «assenza di Dio») equivale a vivere nel modo più umano possibile. E comunque la posta in gioco, spiega il filosofo, vale il nostro rischiare: infatti, «scommettere» su Dio non significa rischiare su qualcosa di incerto, di aleatorio (come avviene in una qualsiasi scommessa), perché la posta in palio è la vita eterna: « ... C'è proprio una vita infinita, infinitamente felice da guadagnare, una probabilità di vincita contro un numero finito di probabilità di perdita, e quello che voi mettete in gioco è finito». La bellezza del creato può essere un indizio dell' esistenza di Dio. Ma, come vediamo, neppure il creato esclude la morte. Quel frate ha avuto ragione nel rispondere così alla domanda - piena di pianto struggente - di tanta gente piegata dalla prova: il volto di Dio è, e rimane, un volto benigno, perché è quello - sempre misericordioso - di Cristo. Ce lo rammenta un passo bellissimo e incoraggiante del primo capitolo dell'enciclica «Dives in misericordia» di Papa Giovanni Paolo II: « .. Dio, che" abita una luce inaccessibile", parla nello stesso tempo all'uomo col linguaggio di tutto il cosmo: "Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità". Questa indiretta e imperfetta conoscenza, opera dell'intelletto che cerca Dio per mezzo delle creature attraverso il mondo visibile, non è ancora "visione del Padre". "Dio nessuno l'ha mai visto", scrive san Giovanni per dar maggior rilievo alla verità secondo cui "proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, 1ui lo ha rivelato". Questa "rivelazione" manifesta Dio nell'insondabile mistero del suo essere - uno e trino - circondato di "1uce inaccessibile". Mediante questa “rivelazione” di Cristo, tuttavia, conosciamo Dio innanzitutto nel suo rapporto di amore verso l'uomo: nella sua "filantropia"». Di questa filantropia di Dio ci sono testimoni, anche nell' ora del più cupo sconforto, la compagnia della Chiesa e le infinite opere di carità e di abnegazione per i fratelli di cui tanti uomini si mostrano capaci.



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